Nicandro e Marciano martiri - Immaginette Sacre

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Nicandro e Marciano martiri

Immagini di Santi
LocalitàProvinciaFesta
VenafroIsernia17 Giugno
Α
Altre immagini del SantoΩ
Bulgaria III secolo
B A C KVenafro 17 giugno 303



In Abruzzo, specialmente nella diocesi di Venafro e di Isernia, molti si meraviglieranno a sentir dire che Nicandro e Marciano sono due Martiri della Mesia, cioè di quel paese che corrisponde all'odierna Bulgaria.
A Venafro, giunsero solo una parte delle loro reliquie. Ciò fu sufficiente per dar vita ad un culto così sincero, da far credere che si trattasse di due Santi di quel paese.
Nicandro e Marciano erano due soldati, da poco convertiti al Cristianesimo. Gli atti del loro martirio, riportano l'interrogatorio da essi sostenuto in presenza del governatore Massimo, funzionario di Massimiano Imperatore. « Voi non ignorate   egli disse   i decreti con i quali gli Imperatori vi prescrivono di sacrificare agli dei. Fatevi avanti, ed eseguite ciò che v'è comandato ». Si pensava che i due soldati, abituati alla ferrea disciplina militare, ad obbedire sempre e ovunque, non avrebbero insistito troppo nel loro rifiuto. Era facile prevedere che gli ordini dell'Imperatore e le pressioni di un Governatore avrebbero piegato la loro fresca fede.
Invece essi si dimostrarono inflessibili nel non voler rinnegare la loro religione, disobbedendo per la prima e ultima volta agli ordini dei superiori. Fu quasi sempre Nicandro a parlare, perché Marciano, da bravo soldato, si limitò a confermare con poche parole la sua solidarietà col compagno.
« lo dichiaro   egli disse quando fu interrogato   ciò che ha dichiarato il mio compagno d'armi ». E non aggiunse altro. Era presente in tribunale la moglie di Nicandro, Daria, anch'ella cristiana. « Attento a non cedere   ella diceva allo sposo.   Attento a non rinnegare il nostro Signore ». Il Governatore pensò che la donna desiderasse la rovina del marito. « Mala testa di femmina   le disse   come mai desideri la morte del tuo sposo? ».
« Perché viva presso Dio e non muoia mai », rispose pronta Daria. Ma il preside insinuò: « Tu desideri risposarti con un uomo più in gamba, ed hai voglia di sbarazzarti alla svelta di questo ». « Se mi credi capace di un simile pensiero   rispose la donna con slancio   uccidi me per prima ».
Scuotendo la testa, il Governatore esortò i due soldati a non badare a quelle parole. Li invitò a riflettere, e concesse loro del tempo. Ma Nicandro disse che il tempo non avrebbe potuto mutare le sue decisioni. Marciano, da parte sua, confermò brevemente le parole dei commilitone.
Quando venne letta la sentenza capitale, ambedue i condannati ringraziarono il giudice. « La pace sia con te, ottimo preside », dissero mentre venivano condotti verso il luogo dell'esecuzione, scortati dai littori e seguiti da una gran folla.
Durante il tragitto, la moglie di Marciano, che era ancora pagana, tentò invano di trattenere lo sposo. « Abbi pietà di me   ella gridava dietro   Guarda il tuo bambino adorato. Guardaci, non ci disprezzare! Perché t'affretti? Dove vai? Sei condotto via come un agnello al sacrificio! »
Marciano resse anche a quell'estrema tentazione. Fece allontanare la donna da un com¬pagno. Le sue parole strazianti celavano per lui l'insidia più pericolosa: quella cioè di farlo dubitare della bontà del suo sacrificio.
Daria invece, l'eroica moglie di Nicandro, seguì i due Martiri fin sul luogo dell'esecuzione. Lodò il Signore insieme con loro, e si rallegrò, tra le lacrime, dell'onore che le toccava, come sposa e compagna di un vincitore nel combattimento della fede.
Poi, due colpi di spada fecero saltare le due teste. Era il 17 giugno dell'anno 297.



 
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