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Eustachio martire

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20 settembre
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Reliquie del Santo - Roma - Chiesa di Sant'Eustachio
Martirologio Romano
A Roma, commemorazione di sant’Eustachio martire, il cui nome è venerato in un’antica diaconia dell’Urbe.

Chi non conosce la leggenda del cervo che appare nella foresta al cacciatore con una croce luminosa tra le corna, parlandogli e portandolo alla conversione? E' un episodio che ricorre nelle storie di ben sei santi diversi; e di solito viene attribuito a Sant'Uberto, fiammingo, patrono dei cacciatori.

Ma nel caso di Sant'Uberto, la cui storia è abbastanza nota, l'episodio del cervo miracoloso è, chiaramente, una sovrapposizione posteriore. Maggiore antichità vanta invece la leggenda che questo stesso episodio attribuisce a Sant'Eustachio, Martire dei primi secoli. Si chiamava Placido, ed era illustre generale dell'imperatore Traiano, intorno all'anno 100. Era pagano, ma osservava, insieme con la moglie, la virtù e la carità. Un giorno, andando a caccia nei boschi intorno a Tivoli, incontrò un bellissimo cervo. Lo inseguì, finché l'animale non salì sopra un'alta rupe. Di lassù, apparve al cacciatore, tra le corna del cervo, una croce di luce, con l'immagine del Crocifisso. « Perché mi perseguiti? ‑ disse una voce. ‑ lo sono Gesù, che tu senza conoscere, onori ».

Placido, disarcionato, giacque a terra, mentre il cervo seguitava a parlargli con le parole di Gesù. Finalmente, il cacciatore pagano che già onorava Gesù, pur non conoscendolo, con la virtù e la carità, pronunziò il suo sincero « Credo ». Tornato a casa, si recò, con la moglie e i figli, dal Vescovo cristiano, per farsi battezzare. Ricevette allora il nome di Eustachio.

Fin qui, il leggendario Sant'Eutachio, appare come una specie di controfigura di San Paolo, la cui via di Damasco passa nel folto di una foresta. Ma egli vien presentato anche come un secondo Giobbe, l'uomo giusto e paziente provato dal Signore con le più aspre tribolazioni.

Eccolo infatti depredato di tutti i beni; eccolo separato dalla moglie, catturata come schiava. Eccolo ramingo, coi figli, in terre inospitali. Ecco anche i figli, infine, rapiti presso un fiume, uno da un lupo, l'altro da un leone.

Come Giobbe, neanche Sant'Eustachio maledisse la Provvidenza, pur lamentando le sue disgrazie. Non si abbassò a parole di malizia; non imprecò disperando. Per questo, nonostante la dolorosa prova, il Signore non volse da lui la sua faccia. Dopo quindici anni di solitudine e di pianto, la storia di Sant'Eustachio sembrò concludersi come una bella favola. Ritrovò la moglie, salvatasi con intatta virtù da mille pericoli; riabbracciò i figli, salvati e allevati da alcuni pastori.

Anche l'Imperatore Traiano andò in cerca del suo valoroso generale per affidargli il comando dell'esercito per una guerra contro i suoi nemici. Trovatolo, si mosse verso di lui con grande onore. E alla testa dell'esercito imperiale, Sant'Eustachio sconfisse i barbari.

A questo punto, la leggenda perde i colori della fiaba per assumere la luce soprannaturale della Grazia. Infatti, tornati a Roma i vincitori, l'Imperatore Adriano, nel frattempo succeduto a Traiano, ordina un sacrificio di ringraziamento agli dei, al quale Sant'Eustachio, con la famiglia, si rifiuta, confessandosi cristiano. Invece del trionfo, il vincitore dei barbari, ebbe così il martirio. Venne posto con la moglie e i figli, in un cavo toro di rame, sotto il quale fu fatto fuoco per tre giorni. Al terzo giorno, i corpi immobili dei quattro Martiri furono sfornati dinanzi all'Imperatore. Ma l'anima di Sant'Eustachio, sfuggita all'infuocato carcere, godeva in cielo la gloria di miracoloso convertito, paziente come Giobbe nelle tribolazioni; eroico in battaglia e ancor più nella prova del martirio!
 
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