Ermenegildo martire - Immaginette Sacre

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Ermenegildo martire

Immagini di Santi
LocalitàProvinciaFesta


13 Aprile
Α

Ω
Toledo 564 ca.B A C K Tarragona 13 Aprile 585
Canonizzato nel 1585, da Sisto V
Martirologio Romano
A Tarragona in Spagna, sant’Ermenegildo, martire, che, figlio di Leovigildo re dei Visigoti seguace dell’eresia ariana, si convertì alla fede cattolica per opera del vescovo san Leandro; rinchiuso in carcere per essersi ribellato alla volontà del padre rifiutandosi di ricevere la comunione da un vescovo ariano nel giorno della solennità di Pasqua, per ordine del padre stesso morì sotto un colpo di scure.

Re della Spagna e Martire della Chiesa: questi sono i titoli di Sant'Ermenegildo, la cui figura ha per tormentato sfondo la Spagna del VI secolo, quando la penisola era tenuta dai Visigoti e stretta tra due opposti e potenti blocchi politici: quello dei Franchi, che la premevano da terra, mentre i Bizantini ne insidiavano le coste.

Il Re di Spagna, Leovigildo, goto di origine e ariano di religione, aveva due figli, Riccardo ed Ermenegildo, ambedue allevati nell'eresia ariana. Per ragioni politiche, Ermenegildo ebbe in sposa, dal padre, una principessa francese, come pegno di alleanza con i Franchi contro la pressione dei bizantini.

La politica religiosa della famiglia regnante era volta a perseguitare duramente i cattolici, e ciò non poteva far piacere alla moglie di Ermenegildo la quale, come principessa franca, era cattolica. Il suocero tentò di indurla alla conversione e al battesimo ariano, ma la fede; della devota nuora era così forte che non soltanto ella si oppose coraggiosamente, ma ottenne anche, con la dolcezza dell'esempio, la conversione del marito, battezzato secondo il rito cattolico da San Leandro, Vescovo di Siviglia e fratello del celebre e dottissimo Santo Isidoro.

Nella famiglia regnante, perciò, le relazioni si fecero estremamente tese, al punto che il padre finì per considerare il figlio, reo di essersi convertito al Cattolicesimo, alla stregua di un personale e pericoloso nemico.

Per difendersi, e anche per assicurarsi il dominio, Ermenegildo non trovò di meglio che allearsi con i Bizantini, tradizionali avversari dei Goti. Si giunse così a una sciagurata guerra di un figlio, e dei suoi alleati, contro il proprio padre e il proprio fratello.

Sul campo di battaglia però Ermenegildo venne abbandonato dai suoi alleati, e restò alla mercé dei familiari nemici. Rifugiatosi in chiesa, venne salvato dal fratello, che s'interpose come paciere tra lui e il padre. Risparmiato, ma non perdonato, Ermenegildo fu trattato alla stregua di uno schiavo, privato di ogni autorità e umiliato come un traditore del proprio sangue. Non si può negare, d'altronde, che la vita del sovrano spagnolo fosse stata, fino allora, dominata soprattutto dall'ambizione politica, con l'appartenenza o meno a una certa fede considerata né più né meno che una pedina nella contesa senza scrupoli per il potere.

Soltanto con la sventura, e poi con la morte, la figura di Ermenegildo entra nella luce della santità. Incarcerato, egli rifiutò, il giorno di Pasqua, di ricevere una comunione sacrilega da un prete ariano. Il padre minacciò; il figlio resisté. Re Leovigildo mandò le sue guardie e il principe, con la testa tagliata dalla scure, andò a far Pasqua in cielo.

Seguì poi, naturalmente, il pentimento del padre, la conversione del fratello, la devozione per il Martire, e la popolarità, in tutta la Spagna, della storia di Sant'Ermenegildo, acclamato Patrono di Siviglia.
 
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