Domizio martire - Immaginette Sacre

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Domizio martire

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Il primo Santo di nome Domizio, fra tre o quattro che si succedono nel Calendario, era d'origine orientale. Pare che fosse nato in Frigia, regione dell'Asia Minore, ma avrebbe sopportato il martirio a Cesarea di Filippo, cioè in Palestina, non lontano dal lago di Tiberiade, sul quale Gesù si era fatto pescatore tra i pescatori.

Si era nella seconda metà del IV secolo, e la persecuzione era quella improvvisa e odiosissima, dell'Imperatore Giuliano, detto l'Apostata.

Il nipote di Costantino, aveva restaurato con la forza la morente religione pagana, tentando di arrestare, con un rimedio in realtà peggiore del male, la decadenza militare del glorioso e troppo vasto Impero romano. Per lui il Cristianesimo era veramente non solo nefando, ma infausto alla vita dei popoli e alla prosperità dello Stato. Egli era perciò sinceramente convinto della bontà dell'idolatria pagana, e dell'efficienza dei suoi riti, specialmente di divi- nazione e di propiziazione.

Ciò non toglie che per molti dei suoi sudditi, compresi funzionari e soldati, il Paganesimo ristabilito dall'Imperatore non si riducesse che ad una vuota formalità. Si sottomettevano per timore e vi aderivano esteriormente, senza annettervi troppa importanza, per atto d'obbedienza e più che altro di prudenza.

Le feste pagane, i sacrifizi davanti ai simulacri, le processioni votive, le cerimonie di ringraziamento e di propiziazione, dovevano essere considerate, anche da molti che vi prendevano parte, come manifestazioni d'esteriorità, prive di significato, e anche un po' noiose. Orpelli della burocrazia statale e frange delle buone creanze sociali.

Ben diverso era, naturalmente, l'atteggiamento dei veri cristiani, che l'apostasia del capo dello Stato aveva addolorato, ma non certo convinto, e che la persecuzione minacciava, ma non intimoriva. Per essi, anche un atto di semplice ossequio formale aveva il valore di una confessione d'idolatria. Un'accettazione, anche esteriore, significava un rinnegamento. L'indifferenza, ostentata per amor di quieto vivere, equivaleva ad un tradimento.

Si spiega così come fosse numeroso il numero dei Martiri caduti ai tempi di Giuliano l'Apostata, nei quali si ebbe una persecuzione, per molti sensi, più subdola e pericolosa delle precedenti, perché era più facile esser compromessi, e più incerta la divisione tra lecito e illecito, secondo la legge o secondo la fede.

San Domizio, per esempio, si trovava a Cesarea di Palestina in occasione di una grande cerimonia religiosa pagana. Come abbiamo già detto, pochissimi, anche di quelli che vi partecipavano, erano sinceramente convinti che quei riti avessero un valore soprannaturale e un fondamento religioso.

Ma da questo a dichiarare pubblicamente gli errori e la falsità di quel Paganesimo d'imposizione imperiale, c'era una bella differenza. Fu invece ciò che fece San Domizio, e non lui solo, perché il Martirologio ricorda con lui i nomi di altri quattro Santi: Pelagia, Aquila, Eparchio e Teodosia.

Come c'era da aspettarsi, i cinque vennero catturati dai soldati presenti, messi inutilmente alla tortura e infine decapitati, come monito ai molti che potevano condividere le stesse idee, senza però avere il coraggio o l'intransigenza dei cinque Martiri cristiani.

Ciò accadeva nell'anno 362. Un anno dopo, in Persia, l'Imperatore Apostata sarebbe morto in battaglia contro i barbari, in quella che egli stesso interpretò come una celeste punizione dicendo: « Cristo, tu hai vinto! ».
 
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