Cono abate - Immaginette Sacre

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Cono abate

Immagini di Santi
LocalitàProvinciaFesta
TripiMessina
Α
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Martirologio Romano
A Naso in Sicilia, san Cono, monaco secondo la disciplina dei Padri orientali, che, di ritorno da un pellegrinaggio ai luoghi santi, avendo trovato defunti i suoi genitori, distribuì tutto il suo patrimonio ai poveri e abbracciò la vita eremitica.
San Conone, patrono anzi, primo cittadino, di Naso, in provincia di Messina, dove è affettuosamente e familiarmente invocato come San Cono.

Lo chiameremo San Cono anche noi, per raccontare come egli fosse nato nella città chiamata allora Nesus, verso l'anno 1139, e vi morisse quasi cent'anni dopo, nel 1236.

Vide la luce nel palazzo patrizio della ricca famiglia feudale di Anselmo Navacita e fu l'atteso primogenito, per il quale il padre nutrì ambizioni mondane e aspirazioni cavalleresche. Quando morì, invece, lasciò la spoglia consunta in un'orrida grotta, presso Naso, dove per anni il vecchissimo eremita si era macerato nella preghiera e nella penitenza.

Tra le due date e i due momenti quello della nascita patrizia e quello della morte ascetica si tende la parabola della lunga vita di San Cono, il quale deluse ben presto le aspettative della famiglia entrando in un monastero basiliano e rinunziando ai propri beni e all'eredità feudale.

L'Ordine basiliano era nato dalla più antica Regola monastica cristiana, dettata da San Basilio il Grande, nel IV secolo. Tipico della spiritualità orientale, fiorì mirabilmente anche nel mezzogiorno d'Italia, dove più stretti e frequenti erano i contatti con l'Impero bizantino.

La Regola permetteva la vita associata e la vita eremitica, e in uno di questi monasteri Conone Navacita fu monaco e poi « egùmeno», cioè Abate. Come aveva rinunciato agli onori mondani, così non insuperbì a quella dignità ecclesiastica, e confermò la propria tempra spirituale quando rinunziò alla carica per isolarsi nell'eremo di Rocca d'Almo.

Nella preghiera e nella penitenza non dimenticò i doveri dei suo stato e i precetti della carità. Aiutò e consolò, protesse e combatté. Condannò i cattivi religiosi e soprattutto lo strapotere dei tiranni. La sua figura di asceta integerrimo dette ombra a più d'uno, e si tentò di colpirlo con la calunnia. Egli sopportò gli insulti senza difendersi né lamentarsi, sapendo che l'innocenza è sempre riconosciuta e compensata.

Pellegrino in Terrasanta, San Cono ne riportò tesori di grazie che riversò su quanti ricorrevano a lui. Negli ultimi anni, l'eremita novantenne si sprofondò nell'orrida grotta di San Michele, presso il paese natale, e vi praticò la più dura delle penitenze.

il 28 marzo del 1236 era un Venerdì Santo, e in quel giorno San Cono chiuse, sulle orme di Gesù, la sua lunga vicenda terrena. Le campane delle chiese di Naso erano mute, ma si narra che al momento del suo trapasso sciogliessero rintocchi di gioia, senza che mano d'uomo le toccasse.

Si dice anche che i fedeli, accorsi alla grotta dell'eremita, ne trovassero il corpo sollevato da terra, come per un'estasi culminata nel desiderato trapasso. Intorno alla testa del monaco, si leggeva questa iscrizione luminosa: « Libera i tuoi devoti e la tua patria dalla peste, dalla fame, dalla guerra e dall'oppressione dei tiranni ».

La frase che i fedeli di Naso e di tutto il messinese ancora ripetono intorno alle venerate reliquie di San Conone, il giorno della sua festa, celebrata il 28 marzo e, con maggiore solennità, il l°settembre.
 
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